“JE SUIS GILET JAUNE”: È INTELLIGENTE CONTINUARE A FARSI SPREMERE COME LIMONI?

Ecco una lista dei tagli, dei soprusi, delle magnifiche notizie, degli oltraggi che abbiamo dovuto subire nel corso degli anni, dovendo inventare l’impossibile per restare  galla e arrivare a fine mese con le nostre aziende.

Basta navigare sul web e trovi articoli di ogni genere che descrivono nel dettaglio in quali condizioni si trovano, oggi, le nostre imprese.

Ad esempio, proviamo a fermare il nostro calendario al 2016 e immaginiamo di leggere alcuni articoli, alcuni giornali, alcune riviste economiche che cercano di fare il punto della situazione nel momento in cui iniziava una timida ripresa economica nel nostro Paese.

Ecco cosa avresti potuto trovare.

Negli ultimi 20 anni il gettito tributario è aumentato dell’88%, da 258 a 486 miliardi di euro, il Pil nominale (a prezzi correnti) è cresciuto del 64% e quello reale del 9%.

Ogni volta che i governi italiani hanno voluto risanare i conti, lo hanno fatto alzando le imposte.

E quando il peso del fisco calava, saliva sempre il debito.

Non male come inizio!

Possiamo anche aggiungere altre informazioni…

Quella italiana degli ultimi 20 anni è una storia piena di tasse.

Quando il Pil aumenta è normale che anche il gettito tributario si incrementi.

Ma se il primo ristagna o cresce poco, una pressione tributaria asfissiante sottrae risorse che potrebbero essere destinate a consumi e investimenti, cioè a creare lavoro e migliorare la qualità della vita.

Pazienza se a fronte di maggiori tasse fossero erogati servizi sociali, ma non è il caso dell’Italia.

I tributi servono per lo più a pagare sprechi e corruzione del passato (sotto forma di interessi sul debito pubblico) e del presente.

Se realmente desideri farti del male, continua a leggere quello che ho trovato e prova a riflettere sul tuo presente e sul tuo futuro.

I maggiori incrementi del gettito tributario  si sono avuti tra il 1996 e il 1998 (governo Prodi, ministro del Tesoro Ciampi), nel 2006-2007 (ancora Prodi) e nel 2012 (Monti).

Nel frattempo la pressione tributaria – il rapporto tra tasse e Pil – è passata dal 26% al 30%.

Nel 1995 il rapporto deficit/Pil raggiungeva il 7,3%.

Molti ricorderanno il contributo straordinario per l’Europa, che nel 1997 fruttò all’erario 4.900 miliardi di lire (2,5 miliardi di euro).

Con quasi 30 miliardi di euro di tasse in più in un anno, la tosatura fu generale.

Quell’anno le imposte dirette aumentarono del 10%, le imposte indirette del 9% (da 1,6 a 3,2 miliardi di euro le imposte governative) e quelle in conto capitale del 151% (oltre alla già citata tassa per l’Europa altri 3,5 miliardi di euro furono rastrellati con una ritenuta d’acconto sul Tfr).

E quando l’Istat rese noti i conti nazionali del 1997, redatti secondo le regole del Sec1979 allora vigente, il deficit/Pil era al 2,7% e l’euro era a portata di mano.

Oggi, con l’introduzione delle nuove regole di contabilità nazionale (il Sec2010), si scopre che nel 1997 il rapporto deficit/Pil era al 3%.

Senza il maggior gettito di 30 miliardi di euro il risultato sarebbe stato tra il 5,4% e il 5,7%.

Gli italiani per passare dalla lira all’euro hanno pagato non poco.

Mi sembra che i cugini transalpini (i cosiddetti gilet jaune) stiano protestando vivacemente per molto meno!

Sempre condannando qualsiasi forma di violenza, mi sembra che anche dalle nostre parti sia arrivato il momento di alzare la mano e informare coloro che stanno nelle stanze dei bottoni che siamo stufi di farci rapinare quotidianamente dallo Stato per coprire le inefficienze di chi lo ha malgovernato.

Non sottraiamoci, comunque, dalle nostre responsabilità, perché li abbiamo votati noi!

Proseguiamo nella nostra opera e continuiamo a farci del male immergendoci nell’amara realtà quotidiana dei perseguitati dall’Agenzia delle Entrate.

Nel 1998 (dopo l’avvicendamento tra Prodi e D’Alema, con Amato ministro del Tesoro) fu introdotta l’Irap, l’Imposta regionale sulle attività produttive che fruttò all’erario altri 27 miliardi e la pressione tributaria salì al 29%, livello al quale si mantenne anche nel 1999, quando furono aggiunte le addizionali regionali e comunali sull’Irpef (2,5 miliardi di euro).

La cura fece scendere l’indebitamento all’1,9% del Pil, livello mai raggiunto negli ultimi 40 anni.

Con il governo Berlusconi (2001-2005) la pressione tributaria diminuì, ma l’indebitamento riprese quota.

Nel 2005, dopo cinque anni consecutivi di sforamento del rapporto deficit/Pil, la Commissione europea aprì una procedura di infrazione.

Toccò quindi a Prodi, tornato al governo, porre rimedio.

La pressione tributaria che era scesa al 27% riprese a crescere.

Le tasse aumentarono di 38 miliardi di euro nel 2006 (+10%) e di 27 miliardi di euro nel 2007 (+6%).

Riportato l’indebitamento a livelli fisiologici, Prodi lasciò il testimone nuovamente a Berlusconi che, insieme al suo ministro dell’Economia Tremonti, ridusse la pressione tributaria dal 29 al 28% ma non poté impedire che l’indebitamento volasse al 5,3% nel 2009, causando l’apertura di una nuova procedura di infrazione.

Fu solo nel 2012, con le manovre del governo Monti, che l’indebitamento netto fu ricondotto al 3%.

A farne le spese ancora gli italiani, costretti a sostenere il fardello di ulteriori 23 miliardi di tasse (di cui 13 di maggiori imposte sui fabbricati nel passaggio da Ici a Imu) e una pressione tributaria schizzata al 30%, valore invariato con i governi Letta e Renzi.

All’interno dell’Eurozona solo Finlandia (31,1%) e Belgio (30,6%) hanno una pressione tributaria maggiore di quella italiana, quasi 5 punti superiore alla media.

L’Italia detiene il triste primato delle tasse sui prodotti (5,4%; in Germania il 2,5%), sulla produzione (3,6%, superata solo dal 4,6% della Francia; in Germania lo 0,7%) e sul reddito (14,5%, subito dietro a Belgio 16,2% e Finlandia 15,3%).

Chi ha pagato tutto questo?

Chi deve lavorare fino ad agosto per lo Stato e, a partire da settembre, può iniziare ad accantonare i soldi per pagare le spese e tentare di far restare qualcosa nelle casse della sua azienda?

Chi si trova con margini di investimento prossimi a zero e non riesce ad avere in cassa il denaro sufficiente per controbattere gli attacchi dei Paesi emergenti?

Proprio noi, imprenditori, imprese, liberi professionisti, popolo della P.IVA, che ci troviamo abbandonati a noi stessi, tartassati, rapinati quotidianamente da uno Stato che ha solo pretese e quando deve restituire i sevizi cha abbiamo ampiamente strapagato inizia a fare i tagli in nome della legge di bilancio che ha approvato qualcun altro.

Allora è lecito porsi questa domanda!

Je suis gilet jaune”: è intelligente continuare a farsi spremere come limoni?

Obiettivamente, cosa possiamo fare per cambiare tendenza, cambiare marcia, ripartire e riprendere in mano la nostra vita, il nostro destino, le nostre aziende in balia di uno Stato schiavista e sfruttatore che ci ha portato nelle ultime posizioni dell’economia europea, costringendoci a difenderci da nazioni come Grecia e Spagna che, qualche anno fa, ci guadavamo dal basso e oggi hanno spread inferiori al nostro (almeno nel caso della Spagna)?

Innanzitutto è sacrosanto e lecito protestare, ripeto, in maniera civile, per far pagare, finalmente, anche coloro che non sono mai stati toccati realmente dalla crisi che ci ha massacrato: evasori, protetti, caste e intoccabili, poteri forti, furbacchioni del cartellino, furbacchioni senza cartellino, sanguisughe, prestanome, ecc…

Ma noi italiani, siamo realmente uniti al punto di imitare i nostri fratelli transalpini e far nascere un movimento di protesta nazionale in grado di mettere sotto scacco un Paese intero fino al punto di far valere i propri diritti?

Chi dovrebbe difendere gli interessi dei lavoratori, si metterà realmente in gioco per ridare alle nostre generazioni il potere che avevano conquistato in passato con le lotte di classe di qualche anno fa?

Riusciremo, finalmente, a trovare una classe politica onesta che farà realmente l’interesse della sua patria?

Obiettivamente i dubbi sono enormi!

Per chi ha un’azienda, un’impresa, una società o è titolare di una P.IVA, è necessario muoversi anche in altre direzioni.

Nel disastro totale nel quale siamo finiti oggi, dobbiamo fare efficienza all’ennesima potenza se vogliamo esistere e resistere alle sanguisughe che quotidianamente stanno devastando i margini di investimento delle nostre aziende.

Se possiedi una fonderia di zama, sappi che le tue scelte di oggi potranno fare il successo di domani.

Sbagliare la scelta di un impianto o il progetto di uno stampo, oggi può essere devastante per i conti della tua azienda.

Questo perché, dovendo lavorare per lo Stato fino al mese di agosto (compreso), solo a partire da settembre hai la possibilità di lavorare (magari giorno e notte) per compensare le scelte errate di processo che hai preso.

Se lavori per settori che non perdonano, come ad esempio l’automotive, e il tuo guadagno si riduce a una manciata di centesimi di Euro a pezzo, allora puoi capire al volo di cosa sto parlando.

A titolo di esempio, ti riporto una dettagliata analisi economica che mette a confronto 3 differenti soluzioni produttive che ho presentato ad un mio cliente che, a causa di una ingenuità progettuale del suo stampo, si è trovato costretto ad utilizzare una pressa con un passaggio colonne generoso (troppo grande per l’applicazione ideale), dovendo scartare due soluzioni decisamente più competitive della sua.

Ecco di cosa sto parlando.

Soluzione Economicamente Più Competitiva: pressa più piccola

-Costo di un singolo pezzo: circa € 0,042.

-Costo della stampata: circa € 0,169.

-Costo totale in 1 anno di produzione: circa € 177.400,00.

-Numero di pezzi prodotti in 1 anno: circa  4.200.000.

-Costo totale al termine dell’investimento (5 anni): circa € 886.500,00.

-Numero di pezzi prodotti al termine dell’investimento (5 anni): circa  21.000.000.

Soluzione Tecnicamente Più Sicura: pressa con più margine sulla chiusura

-Costo di un singolo pezzo: circa € 0,05.

-Costo della stampata: circa € 0,198.

-Costo totale in 1 anno di produzione: circa € 180.000,00.

-Numero di pezzi prodotti in 1 anno: circa  3.600.000.

-Costo totale al termine dell’investimento (5 anni): circa € 900.000,00.

-Numero di pezzi prodotti al termine dell’investimento (5 anni): circa  18.000.000.

Soluzione del Cliente: pressa eccessiva

-Costo di un singolo pezzo: circa € 0,071.

-Costo della stampata: circa € 0,285.

-Costo totale in 1 anno di produzione: circa € 189.500,00.

-Numero di pezzi prodotti in 1 anno: circa  665.000.

-Costo totale al termine dell’investimento (5 anni): circa € 947.000,00.

-Numero di pezzi prodotti al termine dell’investimento (5 anni): circa  3.300.000.

Ecco a quale conclusione ti voglio portare

Confronto tra la Soluzione Economicamente Più Competitiva e la Soluzione del Cliente

-Aumento di costo di un singolo pezzo: circa + € 0,029 (+ 70% di costo sul singolo pezzo).

-Aumento di costo della stampata: circa € + 0,116 (+ 68,6% di costo sull’intera stampata).

-Aumento di costo totale in 1 anno di produzione: circa + € 12.100,00 (+ 6,82% di costo totale).

-Diminuzione del numero di pezzi prodotti in 1 anno: circa –  3.535.000 (- 84% di produttività).

-Aumento di costo totale al termine dell’investimento (5 anni): circa + € 60.500,00 (+ 6,82% di costo totale).

-Diminuzione del numero di pezzi prodotti al termine dell’investimento (5 anni): circa –  17.700.000 (- 84,3% di produttività).

Detto ciò, voglio portarti alla seguente conclusione.

Traduzione: disastro totale!

Sostanzialmente, al termine dell’investimento, con il denaro risparmiato scegliendo la soluzione più corretta, il cliente si sarebbe pagato il 33% di una ulteriore macchina più economica, producendo ben 7 volte il numero di pezzi richiesti (facendo letteralmente decollare la sua capacità produttiva)!

A questo punto, penso di averti spiegato per quale ragione è vitale focalizzare la tua attenzione su tecniche di regolazione del processo scientificamente provate, con lo scopo di arrivare a un punto di equilibrio della pressa asintoticamente stabile e imperturbabile nel tempo.

In particolare ecco su cosa dovresti concentrare tutti i tuoi sforzi.

Dovresti concentrarti sull’ottimizzazione del processo di pressofusione delle leghe di zinco in camera calda, con l’obiettivo di studiare e applicare realmente un metodo certo per abbattere gli scarti nel processo di pressofusione zama che si appoggia su regole matematiche certe e si dissocia completamente dai 5 sensi.

Vista la complessità delle problematiche che ti ho solo accennato, a cosa ti porteranno i soliti metodi improvvisati per regolare le tue presse in fonderia?

Ad avere il processo fuori controllo!

Purtroppo, nel settore esistono fornitori con soluzioni improvvisate che nel terzo secolo e nel pieno della rivoluzione portata dal piano industria 4.0 si permettono ancora di fare scelte tecniche a caso nella fonderia.

Ti prego di analizzare con attenzione le proposte tecniche che ti vengono sottoposte.

Ecco perché.

Perché se non fai efficienza, non tornerai più a guadagnare come una volta.

Oggi, rischi di lavorare fino ad agosto per lo Stato, fino a novembre per pagarti i costi, solo il mese di dicembre per guadagnarti lo stipendio e accantonare i margini di investimento della tua azienda!

Sarebbe più facile scalare l’Everest con una gamba sola, senza bombole di ossigeno, in costume da bagno, cibandoti quotidianamente di the e brodino di pollo.

Ecco cosa puoi mettere in pratica per fare realmente efficienza nella tua fonderia di zama.

Rivolgiti a chi ti può aiutare quotidianamente ad analizzare e controllare il processo di pressofusione con regole matematiche certe, testate e provate in tante fonderie con ottimi risultati.

Ecco come devono essere analizzati i problemi che ti ho esposto puntando sempre all’eccellenza produttiva della tua fonderia.

Con un metodo certo e con formule matematiche che, associate alla tua esperienza, possono fare la vera differenza nella tua fonderia, all’interno dei tuoi stampi!

Calcoli precisi e strategie di regolazione scientifiche, ad esempio, ti permetteranno di trovare sempre la quota di intervento ottimale della seconda fase.

La corretta lettura e la corretta interpretazione delle le curve di iniezione della macchina ti aiuteranno a capire se hai centrato correttamente il range di velocità di seconda fase del pistone di iniezione della pressa.

La matematica, unita alla tua esperienza, ti aiuterà a trovare la mappe dei tempi di riempimento di tutte le impronte in maniera corretta.

Le curve di iniezione dei tuoi impianti saranno il radar che ti permetterà di misurare tutte le velocità di attacco dei pezzi, sia in entrata che in uscita.

Ma, soprattutto, ricorda questa grande verità!

Se ti affidi solo alla buona sorte, allo Stato italiano, all’Agenzia delle Entrate o a fornitori e professionisti sbagliati, non potrai mai applicare alla tua fonderia criteri di regolazione del processo di pressofusione ottimali volti all’incremento della tua efficienza produttiva e del tuo fatturato.

Infatti, se vorrai continuare a perpetuare scelte improvvisate, poco funzionali ed altamente costose, purtroppo, per te non posso fare altro.

Allora, ti ricordo cosa può capitare rivolgendoti a chi non ha le idee molto chiare riguardo il processo di pressofusione della zama in camera calda:

-Affiderai solo allo Stato e all’Agenzia delle Entrate il futuro della tua azienda.

-Continuerai a regolare il tuo processo produttivo con impianti troppo costosi.

-Le tue fusioni continueranno ad avere costi stellari.

-La produttività della tua fonderia non decollerà mai.

Ecco gli importanti risultati che otterrai nella tua fonderia di pressofusione zama, se ti affidi al metodo di lavoro giusto.

-Effettuerai investimenti mirati, che potranno rilanciare produttivamente, economicamente e fiscalmente la tua azienda.

-Ti dimenticherai di buttare i pezzi nell’immondizia.

-Finalmente, installando impianti perfettamente centrati rispetto ai tuoi requisiti produttivi, ridurrai drasticamente le non conformità dei tuoi clienti.

-Avrai il processo produttivo della tua fonderia perfettamente sotto controllo, dimenticandoti che esistono i 5 sensi di regolazione delle presse che ti hanno procurato numerose problematiche.

-Ridurrai realmente gli scarti, sostituendo i costi dovuti alle inefficienze a produttività e guadagno per la tua azienda.

-Darai all’Agenzia delle Entrate solo il frutto di investimenti centrati e proficui.

Finalmente potrai evitare di farti spremere come un limone.

Allora, anche tu vuoi finalmente sostituire  scarti e inefficienza a produttività e guadagno?

Se veramente sei interessato ad approfondire quanto ti ho appena raccontato…

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Roberto Camerin

L’esperto del processo di pressofusione zama

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